Le emozioni di settembre nascono… dalle esperienze di agosto.
Pochi giorni fa, nella via principale di una delle più rinomate località turistiche di montagna del nostro Bel Paese, di fronte a uno dei più esclusivi negozi, proprio sopra al totem con l’immagine pubblicitaria del prodotto venduto all’interno, campeggiava Pikachu, forse il Pokémon più famoso.
Bizzarro e sconosciuto figuro per i più, tristemente famoso per gli estimatori di app di successo.
Come molti sanno, l’estate 2016 è stata, tecnologicamente parlando, caratterizzata dalla app Pokémon GO, che ha catalizzato l’interesse di 45 milioni di utenti worldwide (dato di metà luglio, fonte International Business Time). Si è trattato di un’esplosione incredibile, che possiamo paragonare a un fuoco d’artificio, a una passione bruciante che, come tutti gli innamoramenti, è durata assai poco: a metà agosto, infatti, gli utenti erano scesi di 15 milioni di unità. Il numero è comunque “monstre” e ci induce a qualche riflessione settembrina:
- Gli adulti amano i giochi e i giocattoli ma, proprio come accade ai piccoli, presto si stufano e si dedicano ad altro.
- Nessuno ha ormai più remore: la tecnologia è talmente invasiva che ricercare un Pokémon mentre si guida ed essere multati di conseguenza è diventata normalità.
- Il dilemma ci attanaglia da decenni: la tecnologia è nata con queste finalità? Questo è il suo scopo? Non può essere dedicata a qualcosa di più nobile? La risposta è ambigua: un po’ sì e un po’ no. Ci porterà su Marte, ma ci aiuterà anche – ci scommetto – a breve a posizionare il mascara senza sbavature.
- Le mode sono ormai planetarie, perché tutti siamo interconnessi e i limiti geografici non hanno più senso (salvo poi perdere la strada quando si gira per una città d’arte, se non si può usare una app di mappe…).
- La serietà ci spinge a credere che, parallelamente a progetti e iniziative di entertainment, vi siano investimenti e “menti” dedicati all’education, alla condivisione delle informazioni e alla collaborazione.
- Pikachu, in tutto ciò, non ha colpe. Ora può tornare nel mondo dei cartoni animati, felice di aver contribuito a smascherare una delle tante curiose contraddizioni del nostro tempo.
Gianna Martinengo
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