Nell’anno 2000 ebbi modo di esprimere il seguente concetto: “Viviamo immersi in un mare di informazioni. Oggi tutto ciò che è informazione è percepito come valore, al punto che vi è chi definisce la nuova povertà come mancanza di accesso all’informazione, ovvero incapacità di recepirla. È obiettivo delle Istituzioni ed in primo luogo della politica rendere sempre più facile, più trasparente, più democratico l’accesso alle informazioni, in ciò facilitando il rapporto tra Istituzioni e cittadini”. Il contenuto si andava poi approfondendo, definendo il significato di “accesso”, inteso come possibilità di discriminare tra tante informazioni e trasformarle in conoscenza, e la differenza tra Comunicazione – l’informazione che da enti ed aziende viene trasmessa al cittadino in un dialogo che si fa relazione – e la semplice fruizione delle informazioni. Già allora, al tempo dei portali generalisti e delle esperienze di e-Learning che Didael andava proponendo, era chiaro che la conoscenza avrebbe dovuto essere “normata” perché fosse possibile discriminare nella mole di informazioni proposte per scegliere l’Informazione pertinente. Questa esigenza di chiarezza e di qualità, avrebbe chiamato in causa i formatori istituzionali: la scuola, la politica, gli strumenti on line.
Questa previsione, a distanza di 16 anni, si è perfettamente avverata. Le informazioni si sono moltiplicate e oggi, in una società in cui il web permea ogni secondo della vita delle persone, il tema dell’accesso è prioritario. Tuttavia si è passati dal poco al troppo: troppe fonti, poca capacità di discernere, troppi attori improvvisati rischiano infatti di diminuire il valore della conoscenza condivisa.
L’e-Learning, viaggiando su binari regolari e percorsi didattici ragionati, si è ritagliato un autorevole posto nel mondo della formazione ed ha contribuito a migliorare l’apprendimento di numerose categorie di persone – si pensi ai corsi per gli studenti, per i manager, alla formazione continua aziendale, alle opportunità per eliminare il digital divide.
Là dove l’informazione è rimasta libera, è spuntato il caos: vi sono sacche di “anarchia informativa” che non aiutano l’utente, ma complicano il suo percorso verso una comprensione reale dei fatti. In una parola: non aiutano a “fare cultura”. Questa iper-informazione disponibile ma non qualificata ed adeguata al contesto rappresenta un rumore di fondo, difficile da sfruttare per un accrescimento personale o professionale.
Se è ormai consolidato che “Ogni processo di formazione a distanza è essenzialmente dialogo tra persone mediato dalle tecnologie”,perché non poter parlare, in modo altrettanto autorevole, di una diffusione della conoscenza allargata, basata sulla fruizione autonoma del web? Quali figure delle Istituzioni o del mondo formativo possono aiutare ad approfondire il tema? E’ vero che si potrà moltiplicare l’informazione personale all’infinito, oppure questa rischia di diventare inefficace? Quanto l’e-Learning, con il suo intelligente processo metodologico, potrà essere di aiuto? Non sarà forse che solo un approccio “stile e-Learning” può aiutare a “mettere ordine” nei Big Data, intesi come insieme incredibilmente ampio di informazioni, reputazioni, sentimenti, immagini, interazioni, contenuti?
Gianna Martinengo
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