“Tecnologia a portata di mano”, “tecnologia utile”, “domotica”, “device intelligenti”. Ogni giorno la nostra vita è accompagnata da concetti, strumenti e servizi che ci rimandano alla potenza di computer e reti. Che non solo manderanno l’uomo su Marte, ma gli consentiranno di vivere sempre meglio, con più agi e comfort. Se il discorso “piace” (come i “like” di Facebook) ai giovani, alle persone “smart”, ossia amanti del progresso e fruitrici dello stesso, piace certamente al quadrato a chi vede – grazie alle nuove soluzioni – modificare in meglio la propria quotidianità. Mi riferisco, per esempio, all’annuncio che pochi giorni fa Fiat Chrysler e Google hanno dato relativamente al loro impegno congiunto per dare vita a prototipi di auto che si guidano da sole.

In questo progetto – come in moltissimi altri che restano magari più sotto traccia – il valore abilitante della tecnologia è fortissimo.

“Abilitare a” significa consentire a fasce di popolazione, sino ad oggi escluse da una certa attività o servizio, di potervi accedere. In questo caso, di potersi muovere in autonomia per le strade usando un mezzo privato da soli, pur non vedendo. Barriere alte sino al cielo, radicate nella storia dell’uomo, vengono abbattute nel giro di pochi secondi.

Questo – allargando il discorso – è quanto accade quando, per esempio, persone over 70 imparano a comunicare con i propri parenti lontani usando Skype; quando fasce deboli della popolazione, in situazioni geografiche disagiate, trovano riscatto imparando a utilizzare il web e la posta elettronica, come prima chance per trovare occupazione.

La tecnologia è così pervasiva, nella vita di tutti i giorni, che spesso ci dimentichiamo che l’abitudine alle interconnessioni mediate dalle reti web non è così scontata. Né appannaggio di tutti. Ecco perché da sempre sostengo un utilizzo intelligente delle Conoscenze mediate dalla tecnologia, in modo che si possano trasformare in vera Cultura, non in massa di informazioni incollate tra loro e pronte a disperdersi non appena l’attenzione viene distolta da una nuova versione di smartphone.

Non è solo il registro elettronico a rendere la scuola moderna e digitalizzata. Non è solo lo scambio di foto tramite Whatsapp a rendere le persone “moderne”. Non è l’ultimo aggiornamento di sistema operativo a far progredire l’attività delle aziende e degli enti pubblici. C’è dell’altro, più profondo: per esempio ci sono progetti di tecnologia legati al terzo settore che si stanno facendo strada e chiedono – come nel caso delle auto senza guidatore pensate in una logica di servizio anche per i non vedenti – di poter diventare realtà.

Forse manca, in questo senso del progresso che corre, al posto di camminare, una visione complessiva più “alta”. Da decenni mi occupo di e-learning, ma anche di progresso tecnologico legato alle potenzialità del mondo femminile; dei temi dell’inclusione sociale. Sarebbe davvero stimolante poter condividere queste competenze e conoscenze con altri ambiti affini. Per trasformare le idee non solo in auto che si guidano da sole, ma in cellulari che si usano con facilità anche quando si è ottantenni; in programmi di formazione continua semplici e utili, da fruirsi sul web senza troppi artifici; in soluzioni riusabili che monitorano una terapia, una dieta, un percorso di guarigione.

La via del progresso va di pari passo con la condivisione. Il tempo dei famigerati silos – che fino a qualche anno fa definivano la compartimentazione delle informazioni nei computer – è finalmente finita. È tempo di mettere a fattor comune quanto, con impegno, abbiamo realizzato sino ad oggi.

Gianna Martinengo

 

Per saperne di più sulle auto senza guidatore, http://www.lastampa.it/2016/05/03/economia/decolla-lalleanza-fiat-chryslergoogle-assieme-per-lauto-che-si-guida-da-sola-jrhy17hrzA8SOSOBbvRUwM/pagina.html