Nel mese di marzo si è tenuto a Bruxelles, presso il Parlamento Europeo, l’incontro dal titolo “Women & Digital Jobs in Europe”. In quella occasione ho avuto il piacere di definire il programma, scegliere le discussant e tenere la relazione introduttiva, in qualità di presidente di DKTS e fondatrice di Women&Tech.

Di altissimo livello il parterre, che ha visto la presenza, tra gli altri, di Silvia Costa, Committee on Culture and Education, European Parliament, Andrea Almeida-Cordeiro, Member of Cabinet of the Commissioner Mariya Gabriel – Digital Economy and Society, Lucilla Sioli, Director for Digital Industry, European Commission e Patrizia Toia, Vice Chair of ITRE, Committee on Industry, Research and Energy, European Parliament.

Questo incontro, è stato fondamentale per tracciare la direttrice dell’innovazione tecnologica che riguarderà il Vecchio Continente e i suoi abitanti nei prossimi anni, con particolare riferimento alle opportunità e alle sfide che attendono le donne.

Nel mio contributo ho sintetizzato il manifesto della mia attività e del mio percorso di ricerca, avviato nel 1983, che da subito ha riguardato il dialogo tra persone mediato dalla tecnologia. Al tempo si parlava di e-learning, ossia di istruzione computer-assistita, oggi analoghi concetti recano il prefisso “e-”, a indicare che ogni attività (nei diversi ambiti, istruzione, lavoro, commercio, comunicazione) possiede una declinazione “elettronica”.

 

Quale situazione stiamo oggi vivendo?

Assistiamo a una moltiplicazione dei device, tra loro interconnessi, virtualizzati nelle famose “nuvole” e non più fisicamente residenti vicino agli utilizzatori. L’impegno nei confronti dell’utilizzo delle nuove soluzioni, che sono distribuite in tutti i settori della società – dalla pubblica amministrazione alla finanza, alla scuola, alla sanità – è altissimo.

Si nota, però, uno scollamento: le persone usano gli strumenti forniti dalla tecnologia, senza capire cosa vi sta dietro.

In sostanza, i prodotti altamente digitalizzati che oggi sono proposti alle aziende e ai cittadini mancano di tutti i temi specifici dell’apprendimento, che però sono fondamentali, perché un processo corretto – e di successo – di conoscenza prevede che le persone imparino osservando il funzionamento di un oggetto/servizio e poi possano replicarlo.

Più i prodotti e servizi sono orientati solo all’utilizzo, più si perde il senso del “come”.

A questa tendenza, basandomi sull’esperienza costruita nel mio percorso di imprenditrice, rispondo in modo diverso, più allargato, proponendo quella che è da sempre stata la mia visione, che esplicito nell’aforisma “Inspired by users, driven by science”.

Ecco ciò che voglio intendere: questo che stiamo affrontando è un discorso culturale, non un discorso tecnologico. Il digitale attraversa le culture e le società, le arricchisce e le modernizza, ma non le fagocita.

Perdere il “senso” di ciò che si sta facendo, di ciò che si sta utilizzando, perché unicamente orientati alla prestazione e al risultato da ottenere, è molto rischioso: porta, infatti, le persone a evidenziare lacune conoscitive notevoli, che quasi con “naturalezza” vengono riempite dai fantomatici “guru”, o da “miti” che si rincorrono tra un device e l’altro, fornendo risposte poco coerenti. La situazione, però, permane ugualmente di stallo, con utenti poco consapevoli e tecnologie sempre più complesse.

Per questo, in funzione di una crescita delle persone e delle società – forte delle 800 applicazioni technology driven ideate e coordinate, 80 delle quali dedicate alla social innovation; dei 76 progetti di ricerca a livello europeo sempre dedicati all’It e alla Social Innovation – ribadisco l’essenzialità della conoscenza e degli strumenti dell’apprendimento applicati all’informatica.

Per questo sostengo che, da sola, la scienza, ancorché arricchita da una quantità di informazioni ormai infinite, non aiuti il progresso delle società: al suo fianco devono lavorare le scienze sociali, economiche, umanistiche, in modo che l’approccio sia multidisciplinare.

La risultante? Un processo che comprenda, insieme alle competenze tecnologiche e di stampo razionale, anche creatività, intuizione, flessibilità. Che ci faccia compiutamente passare dalla Società dell’Informazione alla Società della Conoscenza, in cui le persone sappiano discriminare tra i contenuti, dunque essere cittadini consapevoli.

Il nostro obiettivo deve essere l’uomo, che è anche cliente, consumatore, protagonista di reti sociali, fruitore di servizi. Con una visione olistica, anche il digital e l’informatica pura si umanizzano, ossia si rendono più disponibili verso le persone.

In questa visione che propongo – che peraltro guida da sempre la mia azienda, DKTS, specializzata nella trasformazione di contenuti – il ruolo delle donne è primario, insieme a quello dei giovani. Sostengo infatti che le donne possano apportare competenze derivanti da skill specifici nel mondo delle tecnologie. E, con i giovani, sprigionare l’energia necessaria per accrescere la cultura nei Paesi, e il numero e qualità delle opportunità (anche delle fasce più deboli della popolazione).

Con questo stesso spirito è nata, nel 2009, Women&Tech, oggi conosciuta anche a livello internazionale per i suoi progetti e l’attività che svolge nella valorizzazione del talento femminile e della tecnologia a supporto delle nuove professioni e dei cittadini.

Gianna Martinengo, presidente DKTS