Nel 2010 ebbi modo di intervenire, in qualità di imprenditrice e allora Presidente C.I.F Milano e coordinatore C.I.F. Lombardia, alla presentazione del Comitato Donna-famiglia–lavoro. Desidero condividere con voi queste riflessioni, davvero molto attuali.

Da almeno 10 anni discutiamo del ruolo della donna nella società e in relazione alle nuove professioni, specie quelle di taglio tecnologico. In questo tempo ci siamo impegnati a distruggere, uno per uno, i pregiudizi legati alle competenze femminili e alla loro (poca) adattabilità nei confronti di un nuovo mondo del lavoro. Come si evince anche da questo testo, e come oggi mostrano sia le Tecnovisionarie che le donne che ricoprono ruoli apicali nelle aziende ICT, le soft skill, le capacità di adattamento e quelle non solo “logiche” sono un bene prezioso per lo sviluppo, ancora adesso, delle comunità.

Una nota di stretta attualità: nonostante le conquiste e le affermazioni di cui sopra, spiace constatare come, nell’emergenza Coronavirus, le uniche donne comparse sui media siano state unicamente operatrici del settore sanitario e delle aziende private: la politica, da questo punto di vista, è ancora latitante. 


La fiducia è il presupposto dello sviluppo. Senza fiducia, nessuno investe: quando si rischiano delle risorse si ha fiducia che ci sia un ritorno vantaggioso. Per questo le società che non garantiscono la sicurezza del ritorno su investimento non crescono, anzi regrediscono. Per questo le mafie sono deleterie: perché tolgono la fiducia. Per questo la giustizia, lo Stato devono funzionare: per dare fiducia ai cittadini, i quali, con i loro investimenti, sono  all’origine dello sviluppo.

A partire dai fondamenti delle società occidentali la sfida consiste nel coniugare la libertà di investire, di intraprendere avendo fiducia di averne dei vantaggi con l’eguaglianza di tutti rispetto a questa sfida, il diritto uguale per tutti a rischiare e avere profitti, nel rispetto uguale per tutti di diritti e doveri; e finalmente con la fraternità, la solidarietà con coloro che non hanno avuto successo.

Nel caso delle donne, quasi tutte le società rispettano principi di solidarietà con esse. Quando non avviene, tutti gridano allo scandalo, giustamente. Sfortunatamente, non tutte le società rispettano l’eguaglianza delle donne rispetto agli uomini in varie situazioni.

Finalmente, parlando di libertà, purtroppo spesso la libertà delle cittadine è limitata rispetto a quella dei cittadini, in particolare la libertà di “intraprendere”; vuoi per fattori oggettivamente femminili (le attività di procreazione e cura dei figli), vuoi per pregiudizi molto diffusi.

Quello che mi interessa è rendere esplicito il fatto che fa parte dell’interesse collettivo, invece, non solo riconoscere alle donne la libertà di intraprendere ma anche facilitare il loro accesso paritario alle nuove professioni.

Il motivo è semplice: le donne, in molti casi, sono più efficaci degli uomini in vari aspetti delle professioni correnti, ma soprattutto hanno caratteristiche ancora più promettenti rispetto alle nuove professioni. Con questo non vogliamo assolutamente sostenere una società matriarcale!

Al contrario, vogliamo sostenere una società in cui libertà, eguaglianza e solidarietà  siano ugualmente condivisi dai cittadini di entrambi i sessi perché uomini e donne hanno proprietà complementari, non solo nella famiglia ma anche nel mondo del lavoro. E dunque conviene a tutti che anche le donne lavorino, cosi come conviene a tutti che anche gli uomini si occupino dei figli.

Fra le ragioni di disuguaglianza abbiamo citato sia “fattori oggettivamente femminili” che pregiudizi. Per controbilanciare i primi ci vogliono le leggi (e in Italia su questi temi ne abbiamo già molte) , per i secondi è problema di cultura.

I congedi di maternità e gli asili sono degli esempi. In alcuni Paesi questi dispositivi sono molto più generosi nei confronti delle madri, cosa che giustifica anche in parte il tasso di natalità più elevato. Ma quello che mi interessa di più smascherare in questa sede sono i pregiudizi.

Uno dei pregiudizi più diffusi è che le donne sono meno “tecniche” degli uomini; fatto che quasi automaticamente viene ridefinito come mancanza di professionalità in generale.

Un altro è che sono meno affidabili sul lavoro perché se avviene qualche evento imprevisto, privilegeranno sempre la famiglia.

Un terzo, infine, è che sono più facilmente influenzabili, più emotive, sentimentali, umanamente fragili. Di seguito cercheremo di ribaltare queste tre caratteristiche delle donne trasformandole da motivi di critica ad opportunità di successo. E cosi, forse, dimostreremo che ci conviene che si affianchino agli uomini in tutte le professioni, perché il loro contributo permette di progredire collettivamente assai di più che facendone a meno.

Vediamo ora di smontare uno ad uno i tre pregiudizi citati sopra sul rapporto fra donne e lavoro.

Non è vero che le donne sono meno tecniche degli uomini; ma anche se fosse così, questo non significa che esse siano meno professionali. Le professioni del futuro saranno sempre più legate ai servizi e sempre meno ai prodotti (almeno in Occidente); ed i servizi sono fondati più su competenze di tipo “soft skills” (relazionali, linguistiche, psicologiche, …) che su competenze tecniche. La dimostrazione è che negli Stati Uniti, come in Europa, le facoltà scientifiche e tecniche sono sempre meno frequentate (da occidentali); aumentano invece gli iscritti a legge, economia e scienze sociali. Ancora una volta: noi pensiamo che bisogna incoraggiare tutti ad abbracciare professioni tecnico scientifiche, ma se eventualmente questo fosse considerato un handicap per le sole donne (la mancanza di vocazione tecnica), ebbene i fatti dimostrano che non lo è, ben al contrario.

Non è vero che le donne, in caso di imprevisti, privilegiano la famiglia. Tuttavia, anche se fosse così, visto il ruolo attuale che hanno nelle nostre famiglie, non pensiamo sia una scelta sbagliata. Oppure, argomento complementare, crediamo davvero che gli uomini privilegino il lavoro? E per quale motivo dovrebbero farlo? Comunque le donne sono di gran lunga più flessibili, adattabili degli uomini: tutte le professioni del futuro saranno fondate sulla capacità di adattamento continuo, a differenza del passato, e le donne hanno di certo questa proprietà stampata nella loro storia: lo spirito di sacrificio e di adattamento.

Finalmente, non è vero che le donne sono più emotive degli uomini, ci sono evidenti contro esempi che, possiamo dire con tranquillità, non sono eccezioni ma la regola. Tuttavia, anche se fosse vero: nelle professioni del futuro il rapporto fra razionalità da una parte e sensibilità, emozione, intuizione, ispirazione, creatività e simili capacità non “logiche” dall’altra certamente evolve in favore di queste ultime e non certo della razionalità. Esempio: il Web 2.0 connette a livello planetario le persone offrendo strumenti di produzione, costruzione di informazione e conoscenza, non solo di consumo; all’interno di comunità di pratica in continua evoluzione. Quale migliore dimostrazione della crescita di interesse professionale per le capacità citate, considerate tipicamente femminili, piuttosto che la “semplice” razionalità, considerata un privilegio degli uomini?

In un mondo che cambia con la rapidità che conosciamo, la professionalità richiesta è quella relazionale, non solo tecnica; flessibile e adattabile, non rigida; intuitiva e creativa, non solo logico-razionale. Infine, tenace, non volatile; integrata, non settoriale. Non è facile battere le donne su queste loro prerogative storicamente dimostrabili, per queste sappiamo con certezza che esse hanno grandi opportunità nelle professioni del futuro. Per affiancarsi ai loro compagni sia nel lavoro che nella famiglia, con uguale dignità ma funzioni, attitudini, conoscenze e capacità complementari; per progredire tutti, meglio e di più; per recuperare la fiducia in un futuro che dovrà essere una conquista di tutti i cittadini.

Proprio il villaggio globale, cioè la mondializzazione con cui ci confrontiamo tutti i giorni, ci indica strade nuove nell’iniziativa politica che diventa volontà amministrativa e quindi programmi e progetti operativi. È indispensabile per l’economia e per la competitività delle imprese utilizzare talenti, competenze e capacità di uomini e di donne senza pregiudizi o preconcetti. L’iniziativa, la volontà ed il programma Donna-Famiglia-Lavoro della Regione Lombardia hanno pienamente adottato i principi di sinergia e complementarietà fra i generi che abbiamo citato, come donne e come imprese; ora restano i progetti, quelli veri, che possono incidere ogni giorno sul nostro futuro per moltiplicare gli effetti positivi non solo nella sfera privata ma anche nel mondo professionale.

24 Marzo 2010

Gianna Martinengo

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