Lamentarsi adesso del digital divide non serve: la società tutta, soprattutto le categorie più deboli, avrebbero meritato ben altro rispetto da parte delle istituzioni. Io l’avevo suggerito, a partire dagli anni Ottanta (!).

Nei primissimi giorni del mese di aprile, diverse agenzie di stampa e quotidiani hanno riportato i numeri pubblicati dall’Istat che hanno fotografato il digital divide presente nelle famiglie italiane in relazione all’uso del Pc e del tablet (funzionali alle lezioni on line da parte dei ragazzi al tempo del Coronavirus). Sconfortanti i dati, ecco i più rilevanti: “Nel periodo 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha computer o tablet in casa; nel Mezzogiorno il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa (rispetto a una media di circa il 30% nelle altre aree del Paese)”

La notizia fa riflettere e indigna i media (poveri ragazzi che non possono seguire le lezioni perché devono dividere il pc con i genitori in smart working), ma solleva solo polvere: il digital divide non è un problema di hardware che manca o di software, o di costi; è un problema culturale, che nessuno ha mai voluto affrontare seriamente. Da anni se ne parla, adesso si raccolgono i cocci di una situazione che certamente non si può sistemare in pochi mesi.

Ci sono state, nei decenni passati, tantissime occasioni per risolvere davvero il problema del digital divide, inteso come impossibilità, da parte di tutti i cittadini, anche delle fasce più deboli, di accedere alle soluzioni messe a disposizione dalla tecnologia.

Io posso testimoniarlo, non solo per averlo vissuto, ma anche per aver progettato sistemi in grado di agevolare questo cambiamento positivo e di rendere tutti i cittadini uguali, nel vero senso della parola.

Sono stata davvero la prima in Italia a sollevare la questione, a ideare soluzioni e a fare proposte: 80 in totale sono i progetti di inclusione sociale realizzati, dal 1995 ad oggi. Il contributo è stato importante, ma mai nessuno ha proposto una visione unitaria e un vero progetto complessivo a livello nazionale. (Alla fine di questo contributo sono riportati i progetti più significativi).

Non va poi dimenticato il macromondo della scuola: dai tempi dell’allora ministro Franca Falcucci (1985), facendo parte del primo Piano nazionale per l’informatica nelle scuole, sostenevo la necessità di investire prima nel brainware, poi nel software e infine nell’hardware (cioè: prima la formazione degli insegnanti – il brainware).

Erano i tempi in cui affermavo: “Se pensate che la formazione sia costosa, provate con l’ignoranza”.

Ho continuato a portare il tema in diversi convegni e mi sono guadagnata il giudizio sprezzante di essere una nuova “Giovanna d’Arco”. Ho continuato ad investire nello sviluppo di prodotti per la scuola, prodotti innovativi e che hanno anche vinto anche dei premi: il mercato ha inizialmente risposto.

Poi, però, è iniziato il periodo del “fai da te” proprio nell’ambito scolastico: dal messaggio agli insegnanti che dovevano imparare il Basic, alle introduzioni delle LIM (senza formare i docenti ad un uso corretto degli strumenti), alla robotica educativa.

Si arriva infine al tempo presente, in cui si pensa che l’insegnante possa essere contemporaneamente programmatore, tecnologo, psicopedagogista, esperto della materia, educatore.

Il danno di questa visione (prima l’hardware, poi il software e poi, se ci sono soldi, forse formazione e aggiornamento degli insegnanti) è sotto gli occhi di tutti.

Smisi di interloquire direttamente con le istituzioni quando, dopo una visita a un ministro dell’Istruzione di qualche governo fa, uscendo ebbi modo di udire un suo collaboratore commentare: “Sì sì è molto brava, ottima azienda… ma non è dei nostri”. Un vero schiaffo.

Dispiaceri a parte, è necessario che, in fase di “ripartenza” dopo il lockdown, si inizi a ragionare seriamente sulla vera abolizione del digital divide, partendo dalla sua incidenza culturale, in modo che una lezione a casa di un bimbo della scuola primaria non ci debba far spaventare e mettere di fronte alle nostre gravi lacune.

Alcuni dei progetti di inclusione digitale più significativi sostenuti dalle Istituzioni  

  • Comune di Bologna (1995): progetto “Piazza Multimediale”
    Grazie a Stefano Bonaga, Affari generali, Rapporti con i cittadini e innovazione. Un luogo virtuale a cui tutti i cittadini potessero accedere, se opportunamente istruiti, per comunicare, comperare, imparare, andare in posta o in banca.
    Progetto di inclusione digitale dedicato a diverse fasce di cittadini, in generale a tutti coloro che rischiano di essere esclusi dalle nuove opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica. È strutturato in una serie di iniziative di formazione integrata che riguardano Internet, l’informatica. (Comune di Bologna, Provincia di Milano, etc – 1995/2002).
  • Nonn@nline-generazioni in rete, 2000.
    Grazie a Silvia Costa, allora Presidente della CPO. In collaborazione con la Commissione Nazionale per le Pari Opportunità e del Ministero della Pubblica Istruzione un progetto di alfabetizzazione informatica e Internet rivolto a fasce di cittadini della terza età, che ha coinvolto 1.000 anziani, docenti e studenti facilitatori in 9 province italiane.
  • PMI verso l’office automation, l’e-commerce e la connettività.
    Grazie ad Assolombarda, 1999.
  • [IM]migrati im[PRENDI]tori, 2004-2005.
    Promosso dalla Camera di Commercio di Milano e realizzato da Unione Artigiani della Provincia di Milano, Unione del Commercio del Turismo dei Servizi e delle Professioni della Provincia di Milano, Compagnia delle Opere Milano e Provincia. Progetto rivolto agli immigrati imprenditori delle PMI e delle Imprese Artigiane della Provincia di Milano, per accompagnarli nel loro processo di apprendimento e approfondimento delle tematiche relative alla cultura digitale.
  • Verso la cittadinanza digitale, 2005/2006.
    Progetto pilota della Provincia di Milano, Servizio Politiche di Genere rivolto a donne tra i 25 e i 50 anni che vogliono inserirsi in una prima esperienza lavorativa, o riproporsi sul mercato del lavoro dopo esserne uscite per un certo periodo, ad esempio per dedicarsi alla cura dei figli o di genitori anziani. Con la guida di facilitatori, le partecipanti vengono accompagnate a sperimentare nella pratica le nuove tecnologie digitali, imparando ad usarle per comunicare in modo corretto e consapevole e per sfruttare adeguatamente i servizi online in ambito privato e pubblico.
  • Lazio e-Citizen, 2006.
    In collaborazione con l’Assessorato Scuola, Diritto allo Studio e Formazione Professionale della Regione Lazio e Filas Spa. Lazio e-Citizen, basato sul Programma Europeo e-Citizen, mira all’inclusione sociale attraverso la formazione sulle competenze digitali necessarie per accedere a informazioni e servizi in rete; è rivolto a 1.200 cittadini del Lazio, con priorità a persone over 45, immigrati e donne. Grazie a Silvia Costa, Assessore alla Scuola, Diritto allo Studio e Formazione Professionale della Regione Lazio.
  • Cittadinanza Digitale – corsi in Comune, 2007.
    Corso in aula organizzato all’interno dei municipi della provincia di Milano per tutti i cittadini che desiderano conseguire un’adeguata conoscenza della rete e dei servizi on line, in modo da saper utilizzare efficacemente le nuove tecnologie, essenziali per esercitare i propri diritti di cittadinanza e per sfruttare in modo efficace i servizi dell’e-government.
  • Verso la cittadinanza digitale, 2006-2008.
    Provincia di Milano, Servizio Politiche di Genere. Dopo l’esperienza maturata nel 2005, con la sperimentazione pilota del progetto, nel 2008 il progetto è rivolto in particolare alle donne, per aiutarle a conseguire un’adeguata conoscenza della rete e dei servizi on line e saper utilizzare efficacemente le nuove tecnologie, essenziali per esercitare i propri diritti di cittadinanza e per sfruttare in modo efficace i servizi dell’e-government. Sono state realizzate edizioni rivolte a diversi target, tra i quali le donne immigrate. Grazie alla collaborazione che il progetto ha promosso traProvincia di Milano e Comuni, alcune edizioni sono state realizzate presso le sedi dei municipi. Grazie ad Ada Grecchi e Arianna Censi.
  • Tram dell’Innovazione 2018-2019
    Un format semplice in grado di coinvolgere trasversalmente il pubblico, attivato all’interno della Milano Digital Week, voluta dall’Ass. Roberta Cocco, permette di contribuire alla crescita della conoscenza dei cittadini in merito alle implicazioni che la rivoluzione digitale comporta nella vita di tutti i giorni. Il tour si snoda per le vie del centro a bordo di un tram “Carrelli” del 1928 di ATM. Esperti e cittadini affrontano i temi dell’innovazione digitale in relazione a diversi ambiti, tra cui: essere cittadino digitale a Milano; la rivoluzione digitale nel mondo del trasporto urbano; l’innovazione digitale nel sistema dei pagamenti e delle transazioni finanziarie; sicurezza: come proteggersi nell’era del digitale.