Il Coronavirus ci ha messo di fronte a un grande tema: quello della gestione di un nuovo tempo (il nostro, ovviamente), del tutto diverso rispetto al passato.

Possiamo schematicamente dividere la nostra vita 2020-2021 come segue:

  • vita normale senza restrizioni
  • vita totalmente occupata dalle restrizioni con chiusura scuole, fabbriche, ecc. e famiglie in casa
  • ripresa parziale delle attività con scuole chiuse

Con un Paese impegnato a capire, poi ricostruire, poi gestire, poi allontanare, poi ripensare il prossimo futuro, una variabile, in tutte queste fasi, è rimasta costante: il ruolo della donna.

In mesi caratterizzati da un forte senso dell’etica, sempre più forte e palese, in tutte le categorie sociali e professionali, le donne hanno saputo non solo resistere, ma reinventarsi anche tutti i ruoli nei quali sono impegnate. Con uno spirito del dono totale e assoluto, che porta anche al sacrificio relativo alla carriera o alla professione.

È molto semplice e di fronte agli occhi di tutti: chi terrà i figli costretti a casa da qui a settembre? Chi dovrà rimanere a casa fisicamente? Chi dovrà comunque gestire la propria azienda attraverso il lavoro agile, posto che ciò sia possibile?

Abbiamo studiato tantissimi modi per comunicare a distanza, ma non abbiamo ancora trovato supplenti robot che, in presenza, gestiscano gli affetti familiari per davvero.

Né abbiamo ancora gli strumenti di taglio psicologico per capire come una vita trascorsa sempre tra le quattro mura domestiche possa condizionare e modificare le nostre relazioni e il nostro modo di vedere il mondo nel profondo.

Nonostante questi ritardi e queste difficoltà, questa incapacità di leggere il futuro prossimo, la donna continua a mantenere le posizioni e a gestire l’immenso patrimonio della “cura dell’altro”.

Con quali attese, preoccupazioni, desideri di innovare? Nessuno lo sa, perché nessuno lo chiede, essendo il periodo troppo congestionato e con troppe vite da salvare e preservare.

Questo non vuole essere un j’accuse (impossibile accusare un virus), ma un ringraziamento a chi silenziosamente continua a mettere in campo le proprie competenze, di qualunque genere esse siano, da quelle di base, a quelle tecnico professionali, a quelle trasversali e innate. Cos’è il dono? Proprio questo. Non solo la capacità di sapere come gestire al meglio il proprio tempo, ma anche l’innato desiderio di fare bene e del bene, senza aspettarsi niente in cambio, solo perché così deve essere fatto.

Le tante task force che a tutti i livelli stanno ragionando sull’Italia post-Coronavirus tengano conto di questa capacità, di questo valore attribuibile al genere femminile. Le donne, infatti, sanno guardare più lontano, sanno costruire ponti e relazioni, sanno lavorare in team senza pensare solo al successo personale. Hanno una prospettiva di ragionamento più ampia, che ingloba tutti i fattori in gioco,  hanno uno stile di leadership circolare, senza cesure, sono più adatte a gestire situazione non prevedibili (e noi sappiamo che i sistemi sociali, in quanti “ aperti” sono proprio sottoposti a un alto tasso di imprevedibilità). Sono complementari agli uomini: per risolvere i problemi complessi che ci riguardano oggi il loro contributo è essenziale almeno tanto quanto quello degli uomini.

Le donne, infine, guardano sempre all’innovazione come strumento per migliorare la vita delle persone. Ancora una volta si ritroveranno a dover scegliere tra curare la famiglia e seguire la propria azienda (specie se PMI)? Ci auguriamo proprio di no.  Intanto noi diciamo grazie. A tutte.