Didael KTS si propone come “Digital Knowledge Transformer” e intende con questo concetto comunicare a partner e clienti che adotta un preciso metodo nei confronti della conoscenza implicita ed esplicita, nel progettare soluzioni per i propri clienti.

Molto spesso chi si occupa di digital learning recupera informazioni diverse per natura e per obiettivi (documenti testuali, grafici, immagini, video, manuali …) già presenti e disponibili e le utilizza per attivare corsi in aula o online. Il punto che faremo di seguito riguarda “come” queste informazioni vengono utilizzate.

Anzitutto vorrei precisare che il fatto che le persone abbiano informazioni non è di per sé significativo, né sufficiente a generare un apprendimento efficace. Memorizzare informazioni non significa imparare. È infatti necessario un processo che possa trasformare le informazioni in conoscenza. Questa conoscenza lega le informazioni (e i dati) al loro uso: gli obiettivi, i piani (di uso), le strategie, le tattiche, le conoscenze linguistiche indispensabili per comunicare, il contesto delle attività, … molti aspetti che noi unifichiamo sotto il nome collettivo di “conoscenza”. La conoscenza contiene informazioni, dati, e contesto di uso. Imparare un concetto, acquisire una capacità non significa solo memorizzare questo o quello, ma soprattutto interiorizzare come il concetto o la capacità possono essere utilizzati nelle situazioni reali.

Senza “reti” niente apprendimento

Le persone presenti in azienda possiedono, di un certo processo o prodotto, un punto di vista soggettivo, legato per esempio al ruolo che ricoprono. Si pensi alle differenze di punto di vista sullo stesso prodotto o servizio tra il marketing, l’amministrazione o il settore legale. Se queste informazioni, come anticipato, non vengono trasformate in conoscenza, cioè non vengono contestualizzate rispetto a uno o più obiettivi, le persone rischiano di trascurare delle parti essenziali (o di incontrare ridondanze, o contraddizioni). L’impasse può essere superata per esempio utilizzando strumenti quali le mappe concettuali o mentali, i grafici, le infografiche, le rappresentazioni visive che aiutino a presentare un argomento o un processo, esplicitando le connessioni tra i contenuti e le relazioni che li collegano (semantiche, causali, procedurali, temporali, ecc.). Queste connessioni sono quasi sempre rappresentate come “reti” fra concetti, capacità, processi, prodotti, obiettivi, piani, … e grazie alla condivisione di queste strutture – che abbiamo chiamato “conoscenza” – le persone attive in azienda possono imparare a operare (a prendere decisioni) in modo non ambiguo e collaborativo.

Si comprende allora per quale motivo non bastino “i dati” o “le informazioni” per l’apprendimento, ma sia necessaria la trasformazione in conoscenza condivisa. L’aspetto di condivisione non è banale o superficiale, al contrario: non solo non è facile realizzarlo, viste le differenze di punto di vista pre-esistenti, ma è essenziale perché le performance aziendali sono di natura collettiva (intelligenza collettiva).

E la tecnologia?

La conoscenza esplicita e implicita che un fornitore come Didael KTS può estrarre non può essere utilizzata tout court; deve essere, prima di tutto, reificata (resa esplicita e rappresentata), attraverso l’utilizzo di strumenti tecnici. Solo a questo punto si potrà da una parte predisporre percorsi formativi tarati sulle esigenze delle singole aree aziendali; dall’altra decidere l’output multimediale adatto al contenuto che deve essere veicolato.

Da qui nasce quello che noi proponiamo, ossia un modello integrato di apprendimento formale e informale, nel quale la conoscenza evolve ogni giorno perché ogni giorno vi sono input provenienti dalle persone e dal processo aziendale.

Un processo così strutturato, che ha alla base l’ingegneria della conoscenza, non solo evita alle aziende di sprecare denaro in percorsi di e-learning poco efficaci, ma consente di industrializzare progressivamente le procedure. Inoltre, gli strumenti multimediali oggi offerti dalla tecnologia non vengono utilizzati in modo casuale, ma solo se pertinenti allo scopo, perché alla base dell’intero processo di trasformazione in conoscenza, come detto più volte, c’è “l’obiettivo” (che abbiamo anche chiamato contesto di uso).

Una sfida per le imprese

Chi opera nel settore del digital learning lo sa perfettamente: occorre andare oltre l’automazione della formazione. Non ha più senso parlare di prodotti, ma di “servizi” di trasformazione della conoscenza (classificazione, strutturazione, modellazione). La differenza profonda fra prodotti e servizi consiste nel fatto che i servizi sono ritagliati sulle esigenze del consumatore e non generati dal produttore indipendentemente dal loro contesto di uso.

Su questo approccio che abbiamo adottato, la cultura aziendale si deve interrogare: è pronta ad accettare una visione complessa del digital learning, a tutto vantaggio di corsi per il personale realmente efficaci? A noi, lavoratori della conoscenza, il compito di proporre visioni e modalità operative che tengano conto che tutti operiamo in un grande laboratorio votato alla collaborazione: e che il cliente si attende di comprendere la nostra professionalità – costantemente in relazione con gli altri – e di poterla utilizzare per rispondere a un suo preciso bisogno formativo.