A sentir parlare di videogame, gli adulti storcono un po’ il naso, mentre i giovani sono pronti a prendere in mano la consolle o il cellulare e a passare ore e ore sfidando labirinti e prove, in un crescente livello di complessità e ingaggio.

C’è però un mondo più ampio, che utilizza gli strumenti di cui sopra, combinandoli in modo diverso: il gioco, la sfida, la tecnologia sono infatti – debitamente arricchiti – le basi del gaming, ossia di quell’insieme di tecniche capaci di aumentare, negli individui, il desiderio naturale di socializzare, competere, apprendere, raggiungere un traguardo, esprimersi…

Il gaming è in sostanza uno strumento che si può usare, con estrema efficacia, nell’e-learning, per favorire l’apprendimento, sia nei giovani che negli adulti.

Se state pensando che la gamification sia una invenzione degli ultimi mesi, vi state sbagliando: da decenni (correva l’anno 1983), come Didael prima e Didael KTS poi, proponiamo alle aziende e agli enti della pubblica amministrazione centrale e locale corsi di formazione che usino questa modalità di diffusione della conoscenza. E da decenni siamo assolutamente certi che la gamification possa offrire davvero un approccio diverso e molto più coinvolgente, rispetto ad altre modalità di apprendimento.

Come si impara? Facendo

Cosa ricordano, maggiormente le persone? Quello che vedono o quello che ripetono/fanno? Uno schema semplice e chiaro, a forma di piramide capovolta (Van Dam, 2003), spiega (punta della piramide) che le persone trattengono poco le informazioni che leggono (documenti digitali, e-mail…); via via il ricordo migliora se si tratta di contenuti che i soggetti osservano (presentazioni in Ppt), oppure che ascoltano e vedono (corsi on line con audio e video), che esprimono o scrivono (corsi on line interattivi, e-mentoring). Alla base della piramide, ossia al massimo delle potenzialità del ricordo, vi è ciò che le persone fanno (simulazioni, giochi). Ecco perché la gamification ha una potenzialità fortissima, perché mette in campo una serie di “attivazioni” che rendono il percorso di apprendimento davvero efficace e soddisfacente.

Per esempio, un corso di e-learning che prevede la dimensione del gioco riesce a catturare l’attenzione del partecipante e a trattenerla; rende vive situazioni di sfida ed engagement e nel frattempo, ovviamente, eroga contenuti. I partecipanti a un corso del genere si sentono protagonisti e progressivamente migliorano le proprie conoscenze e di divertono. Esattamente come nei videogame, poi, sperimentano livelli successivi di difficoltà e accrescono le competenze (in quello che possiamo chiamare superapprendimento). Infine, si mettono subito “in discussione”, ossia verificano in modo istantaneo se il loro livello di conoscenza è adeguato o se devono continuare l’esercitazione. Il tutto, come anticipato, in un contesto ludico e percepito come “leggero”.

Chi può usare la gamification?

Chiunque. L’approccio che mi piace definire “Imparo facendo” vale sia per i bambini che hanno problemi di apprendimento (un esempio è dato dal corso Didael KTS “Requisiti per la lettura e la scrittura”, sia per i giovani alle prese con robot da programmare, sia per gli adulti che in azienda devono seguire percorsi di aggiornamento professionale.

Potrei citare tantissimi esempi a questo proposito, ma mi piace condividerne uno: per un big player della fonia, Didael KTS ha progettato un corso di lingua straniera, dedicato ai dipendenti. Alla base del percorso formativo, un approccio centrato sul problem solving che usa proprio il gaming sotto forma di “giallo” da risolvere (l’utente dunque sperimenta, impara la tecnica di risoluzione dei problemi, è attore del suo stesso game).

Un’occasione per i giovani

Molte volte mi capita di confrontarmi con bambini e giovani, in merito ai mestieri del futuro, che sono strettamente legati all’uso e conoscenza della tecnologia. Spesso siamo portati – come adulti – a pensare che i videogame siano solo “cosa ludica”, assolutamente slegata dalla concretezza di una “professione seria”. Penso di avervi convinto, invece, che la gamification – e quindi, in modo allargato, anche i videogame, che tra l’altro generano nel Paese un giro d’affari di 1,6 miliardi di euro l’anno – sono strumenti interessantissimi sia di apprendimento che di opportunità lavorative. Ciò significa che i mestieri del futuro possono certamente comprendere la dinamica del “gioco” applicata sia all’entertainment puro che all’informal learning.

La gamification è quindi non solo una tecnica, ma anche un approccio, una soluzione, un percorso, uno stimolo, una sfida costante, un ambiente positivo, un modello che esprime il potenziale delle persone e le aiuta a ricordare meglio un contenuto. Cosa aspettiamo a farla crescere sempre più di più all’interno delle nostre aziende?

 

Per conoscere l’offerta di Didael KTS, www.didaelkts.it