Già nel 2000, in occasione del Forum organizzato dal Ministero per le Pari Opportunità, in un intervento dal titolo “Donne: casa, lavoro e nuovo mercato-perché la Rete è una opportunità” affermavo quanto segue: “Noi pensiamo che, a causa o grazie al web, si stia verificando un progressivo e rapido cambiamento delle condizioni di lavoro, dei contesti di valutazione delle attività produttive e dunque delle sorgenti del potere” e ancora: “In questo nuovo contesto guadagna, si impone, ha successo non chi è più forte oggi, ma chi ci si aspetta che sarà forte domani grazie alle sue idee, competenze, intuizioni. E proprio le donne, tradizionalmente considerate il sesso debole, che nella civiltà del sesso forte faticano a guadagnare prestigio, autorevolezza, potere pari alle loro capacità di persone, e dunque pari alle persone di sesso maschile, hanno oggi nuove chance. Se le regole del successo economico spostano l’attenzione dal successo pregresso alle potenzialità, e dalla forza sul mercato alle competenze, è chiaro che le categorie tradizionalmente meno avvantaggiate, come le donne, hanno una straordinaria opportunità di competere alla pari”.

Dopo quasi 20 anni posso felicemente considerare che queste mie parole avevano un che di profetico che si è poi effettivamente realizzato: le “pari opportunità” sono diventate una conseguenza del cambiamento delle regole, nella società come nella famiglia. E alla donna spettano oggi nuove visioni da rendere concrete.

La risorsa “donna”, fino a pochi anni fa ancora latente e sottoutilizzata rispetto alle sue potenzialità, è stata riscattata, anche se non compiutamente. Questo perché molte delle caratteristiche della nuova Società della Conoscenza la considerano una naturale interprete di funzioni e ruoli che le sono congeniali. E da qui al 2030 il passo sarà davvero molto breve.

Quattro opportunità legate al ruolo femminile

Un tempo si pensava che le donne fossero portate solo per le discipline umanistiche, di relazione, sociali, non per le tecnologie, i commerci, le professioni “economicamente rilevanti”. Oggi sappiamo che non è così. Anzi, le abilità – come la capacità di confezionare decisioni ed azioni a partire dall’Informazione acquisita grazie alla comunicazione in Rete – sono in realtà innate nel genere femminile.

C’erano una volta le gerarchie: erano perfettamente funzionali alle organizzazioni che dovevano perseguire dei fini in un contesto ben definito e stabile. Ad esempio: produrre e vendere beni. Oppure fornire servizi. Nelle organizzazioni gerarchiche il ruolo definiva l’autorità. Le donne, di solito legate a ruoli meno importanti, eseguivano. Oggi queste organizzazioni gerarchiche sono in via di scomparsa, sostituite dalla leadership nel lavoro di gruppo. Un’arte che le donne hanno sempre saputo esercitare per guadagnare spazi di autonomia, sia in famiglia che nel lavoro: convincere gli altri con degli argomenti, in assenza di autorità ereditata o legata al sesso (maschile). Essendo spesso state loro affidate le responsabilità senza contemporaneamente fornire loro il mandato decisionale – e le decisioni sulle risorse – esse conoscono l’arte della mediazione, la cultura dell’ascolto, la pazienza dell’attesa, la modestia rispetto alla complessità dei problemi e la tenacia nel perseguirne le soluzioni.

Le donne e il senso del rischio. Una volta rischio era sinonimo di impotenza e di follia (chi ha già, si guarda bene da rischiare, perché sa che non potrà che avere di più, anche stando fermo, senza rischi). L’imprenditorialità parte dal presupposto che il futuro possa essere diverso dal presente, ed in particolare migliore, se scegliamo nella direzione giusta. L’imprenditorialità è come l’arte o la scienza: si rischia inventando. Non è così importante quanto denaro abbiamo già, per intraprendere in una nuova impresa. È importante sentire una missione imprenditoriale e perseguirla con tenacia. Analogamente: l’artista non nasce artista, lo diventa, piano piano, perché ama esprimere emozioni e sentimenti; magari rischiando un riconoscimento postumo. Analogamente, lo scienziato più studia, esperimenta, ricerca e più scopre di essere ignorante: ma continua, insiste perché crede nella sua creatività, nell’utilità della sua opera, nel successo non solo personale, ma collettivo. Nessuna delle tre attitudini può essere inquadrata come esecutiva, subordinata, impiegatizia: non esistono ricette, guide, manuali per il successo in queste direzioni. Lo si fa perché ci si crede e si sfida il futuro. Cosa c’entrano le donne? Tantissimo. Chi ha letto “L’elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam capisce a cosa mi riferisco. Se è vero che le donne vivono più di istinto che di ragione (tutto da verificare, peraltro. E cosa è l’istinto senza la ragione, o viceversa?), allora sono esse le candidate imprenditrici, artiste, scienziate. Nella società in via di scomparsa, quella del cambiamento lento, dai tempi delle generazioni, chi rischiava non aveva molte speranze. Nella Società della Conoscenza non è più così: il cambiamento è la realtà e la Rete è l’unico mezzo per permetterci di seguirlo, mai da soli, sempre in gruppo, dialogando, comunicando, scambiando. Il coraggio, la tenacia, l’intelligenza, la capacità di relazione sono elementi economicamente rilevanti, sempre più, più del denaro, dell’autorità, del potere pregresso.

Le donne hanno, in questo contesto, una opportunità straordinaria. Anche gli uomini, naturalmente: quelli che sanno essere persone ed accettare, come spesso sanno fare le donne, di essere messi in discussione dalla realtà.

Le donne come le uniche che “devono conciliare” casa e lavoro: ci sono tempi e luoghi chiamati casa, ed altri chiamati lavoro: una rigorosa divisione territoriale, funzionale, relazionale. Oggi, con lo smart working e l’uso delle tecnologia, queste divisioni hanno perso valore, e con esse i criteri che storicamente hanno limitato la realizzazione professionale per le donne.

Le donne come custodi principali della armonia fra generazioni: bambini, adulti, anziani. Un’altra barriera fra chi sa e chi non sa, chi produce e chi non può ancora produrre o non può più farlo perché anziano. Un’altra limitazione abbattuta: sono i giovani che insegnano agli altri, sono gli anziani che possono avere il tempo e l’esperienza per acquisire quelle conoscenze remote (ad esempio: via web) che prima non erano accessibili. Tutti sono un po’ più uguali perché sesso ed età contano sempre meno rispetto ad entusiasmo nella scoperta, intelligenza nelle scelte, curiosità nello scambio con gli altri.

Gianna Martinengo