Intervista a Gianna Martinengo dal libro “Donne e Potere di Fare” di Ilaria Li Vigni.

Inizio di carriera

Vengo da una terra schiva (la provincia di Asti, in Piemonte), severa, ma bellissima, che plasma gli individui nel segno della responsabilità, dell’impegno, dell’azione.

Sin dall’inizio del mio percorso di studi ho cercato di orientarmi verso lo studio del rapporto tra apprendimento e tecnologia, tema che posso definire la “cifra stilistica” che mi ha accompagnata sino ad oggi, che ho approfondito e curato investendo con costanza tempo, risorse personali e passione.

Agli studi in Bocconi e alla Cattolica di Milano seguono le prime esperienze internazionali con la specializzazione in “Educational Technologist” presso l’Istituto di Matematica per le Scienze Sociali dell’Università di Stanford (USA) e la consulenza alla Computer Curriculum Corporation di Palo Alto, California.

Il mio motto è: “fare conta più che parlare”.

Progressione

Nel 1983 fondo Didael, prima “Web knowledge company” italiana.

Nel 1993 costituisco a Bruxelles, con un gruppo di ricercatori internazionali, KT (Knowledge Technologies), società di ricerca finalizzata alla progettazione e realizzazione di strumenti evoluti per la formalizzazione della conoscenza; nel 1997 partecipo, con la società Mediatech: dialogo ed interazione, alla creazione di Atlantis (progetto e laboratorio di ricerca e innovazione sul territorio sardo) e nel 2010, con un gruppo di giovani collaboratori, costituisco Didael KTS (Knowledge Technologies Services) che, nel settore dell’Innovation Technology, offre consulenza e servizi, soluzioni per l’apprendimento e applicazioni web, sviluppando progetti di e-work, e-learning ed e-communication orientati alla innovazione sociale.

Contestualmente non trascuro il mondo della ricerca: nel 1985 fondo il Laboratorio di ricerca applicata, che nel 1990 viene riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca come laboratorio di interesse nazionale nel settore delle nuove tecnologie dell’informazione.

Partecipo a più di 80 progetti a livello europeo nell’ambito di programmi di ricerca finanziati da ESA European Space Agency (ARTES) e da Unione Europea (COMETT, DELTA, ESPRIT, EUROTEC, HORIZON, LEONARDO, SOCRATES – Azione Lingua 2, TELEMATICS, IST Information Society Technology).

La divulgazione è ugualmente importante, perché “disseminazione della conoscenza acquisita”: ricordo a questo proposito la partecipazione a 400 corsi e seminari; più di 180 articoli pubblicati su riviste italiane e straniere; 300 interventi a convegni.

Sono Cavaliere della Repubblica; mi è stato assegnato l’Ambrogino d’Oro.

Oggi

Oltre alla presidenza di Didael KTS, ho ricoperto molte cariche in Cda di aziende e Fondazioni e in associazioni datoriali.

Nel 1999 inizia il mio impegno e ricerca sul rapporto tra le donne e le tecnologie. Nel 2009 fondo l’Associazione “Donne e Tecnologie”, per favorire e incoraggiare il contributo femminile allo sviluppo tecnologico e all’innovazione, sostenendolo attraverso progetti mirati e azioni concrete.

Sono queste le mie passioni attuali: da una parte le tematiche tecnologiche associate alla formazione e all’apprendimento, dall’altra il sostegno alla figura femminile in quanto portatrice di competenze che possono essere utilizzate e messe a disposizione per far crescere la società.

Mi confronto ancora oggi con imprenditori, professionisti, manager delle aziende pubbliche e private, ma l’approccio resta identico: generare valore per i clienti.

Non ho mai dormito sugli allori, anzi: ho cercato di plasmare la mia azienda, anno dopo anno, rispondendo alle sollecitazioni del mercato; l’apertura al cambiamento è uno dei punti di forza che a mio parere aiutano a fare impresa. Senza dimenticare che al centro di ogni mio impegno professionale c’è la persona (cliente, utente): con il dialogo e l’interazione si possono mettere in relazione positiva gli ecosistemi, per far crescere culturalmente le comunità.

Non è mai semplicemente “solo business”.

Professione e questione di genere

Il ruolo della donna, in relazione sia all’ambito personale che professionale, si è molto modificato, negli ultimi decenni: questo è ormai un dato acquisito e ben analizzato. Concetti quali “quote rosa”, “empowerment”, “stile di leadership al femminile” fanno parte del linguaggio corrente ed identificano con chiarezza un concetto: la donna possiede una serie di qualità e doti innate, e connaturate alla sua essenza più profonda, che la mettono non in competizione con il mondo maschile, non in posizione di emulazione, bensì di complementarietà.

Nel mondo del lavoro la donna è donna, non “uomo al femminile”.

Rispetto al passato, le donne possono esprimere al meglio il proprio potenziale, anche se permangono, in tanti ambiti, pesanti e inaccettabili differenze di genere (penso per esempio alla tutela della maternità, all’avanzamento di carriera, agli stipendi…). Le donne possono puntare sulla propria capacità di “guardare” al mondo in modo più allargato, più visionario, per fornire il proprio contributo.

Il discorso vale anche in riferimento all’ambito tecnologico, che non è – come si è sempre pensato – appannaggio solo del cervello maschile.

C’è un mondo di ricchezze femminili che possono essere messe al servizio della società.

Dalla mia esperienza di imprenditrice, ricercatrice, donna che punta a legare innovazione tecnologica e innovazione sociale, posso affermare che, indipendentemente dal settore merceologico, la donna può emergere, ricoprire posizioni apicali. Il tutto utilizzando il proprio stile di leadership e le proprie conoscenze e capacità.

La donna deve puntare a “fare bene”. Deve, cioè, sforzarsi di abbandonare i cliché della gestione maschile del potere (che non sono tagliati su di lei) e avere fiducia nelle proprie risorse.

Deve credere nelle sue possibilità e abbandonare quell’idea che solo certi ambiti del business (mi vengono in mente il marketing, le risorse umane…) le siano congeniali.

Ugualmente, non deve far conto solo sulla “spinta” delle quote rosa: non è una questione di diritti da acquisire (senza merito), ma di merito già acquisito da diffondere e valorizzare.

Se – come “Women&Technologies” – abbiamo reso possibile quello che sino a qualche anno fa era considerato davvero impossibile… sono felice che questo sia accaduto. Era proprio il mio obiettivo.

Personalmente, ho sempre cercato di coniugare in modo armonico la vita professionale con quella privata: moglie, madre e nonna non sono mai state funzioni secondarie, ma elementi che si sono integrati per merito del rispetto reciproco con tutti i componenti della famiglia. Grazie a questo percorso che tutti abbiamo compiuto – anche vivendo distanti, anche pieni di impegni quotidiani – abbiamo costruito salde radici per alberi solidi che ancora oggi crescono e si alimentano di amicizia, vicinanza emotiva, sostegno, condivisione.

Prospettive

Se guardo all’esistente, ai progetti di Didael KTS, alle tante attività che come “Women&Technologies” stiamo lanciando, vedo un interessantissimo percorso di crescita.

Da una parte c’è la Digital Transformation che davvero, se ben indirizzata, può migliorare la vita delle persone; può occuparsi delle fasce più deboli della popolazione nel segno dell’inclusione; può contribuire a costruire non più imprese e società staccate le une dalle altre, ma vere “communities”, nella quali le persone possono collaborare e mettere a fattor comune le risorse. Per vivere meglio. Tutti.

Dall’altra ci sono le donne impegnate nel settore della tecnologia: vedo persone appassionate e creative che portano nuovi punti di vista; vedo le giovani, ancora all’università, interessarsi alle tematiche STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) – che io invece definisco STEAM, in quanto è indispensabile inglobare anche la A, ossia le Arts, le scienze umanistiche – finalmente certe di poter essere al posto giusto nel momento giusto, senza essere additate come “strane”.

Vedo i bambini e i ragazzi pronti a lasciarsi stupire dalle nuove tecnologie, non solo in quanto semplici fruitori di videogame o utilizzatori precoci di smartphone, ma in quanto possibili creatori e generatori di idee per il mercato.

Questi due ultimi aspetti sono, in realtà, il futuro che ci attende. Non possiamo ragionare in ottica di crisi perenne, dobbiamo dare fiducia alle nuove generazioni, portando il nostro contributo in termini di competenze e di orientamento efficace.

Quanto alle donne e al potere, occorrerebbe ragionare in modo pacato su quest’ultimo termine.

Cos’è il potere? Se è, come vuole la vulgata, accaparramento di una posizione unicamente per fini personali, il mio interesse finisce qui.

Se potere è utilizzare la propria posizione e la propria responsabilità per un bene allargato che comprenda tutti gli interessati e che faccia evolvere la società, ci siamo, ci sono.

Se il “potere” non è servizio… non è del tutto.